L’ibridazione di idee e sistemi è la chiave per l’evoluzione culturale ed organizzativa delle aziende

Premessa – cosa sono le best practice?

Prima di iniziare col tema delle ibridazioni è bene introdurre le best practice.

Le best practice sono soluzioni che hanno funzionato in alcuni ambiti di business e per questa ragione (col tempo) sono state trasformate in modelli/framework da utilizzare su larga scala ed evolvere grazie ad un’esecuzione intelligente continua.

Esempi in tal senso li troviamo nei sistemi di gestione organizzativi (es: ISO 9001) o nei sistemi di gestione dei progetto (es: Scrum).

Di seguito si riporta la schematizzazione presente nella Guida alle pratiche Agili del PMI (2017) per le best practice agile.

Come utilizzare le best practice?

La partenza è la conoscenza, in questo caso delle migliori best practice e dell’organizzazione in cui vanno attuate.

Possedere la capacità e la competenza di portare a termine questo lavoro è un aspetto fondamentale, successivo all’investitura da parte dell’organizzazione di procedere con le risorse necessarie.

Senza il commitment della leadership aziendale non sarà mai possibile ottenere a pieno i risultati

Nel lavoro di implementazione delle best practice in azienda è bene ricordare che ciò funziona per qualcuno, non è detto che lo faccia per altri… ma soprattutto (questa è una certezza), mai allo stesso modo, perché, citando George Edward Pelham Box (Gravesend, 18.10.1919 – Madison, 28.03.2013):

Tutti i modelli sono sbagliati, ma alcuni sono utili

Le organizzazioni sono uniche come gli individui, hanno una loro cultura, delle loro regole e sono formate da relazioni e persone, quindi non possiamo pensare di calare semplicemente delle metodologie o degli strumenti attendendoci i medesimi risultati che abbiamo visto altrove, dobbiamo cucirli addosso alle organizzazione considerando la loro cultura, l’organizzazione, gli strumenti e le persone.

Cosa significa ibridare?

Ibridare è andare oltre al lavoro sartoriale di adattamento, è creare un modello nuovo, in alcuni casi unico, per l’organizzazione che le permetta di performare al meglio nell’ottenere gli obiettivi posti combinando le diverse e migliori best practice a disposizione.

Ma attenzione,

Ibridare non è facile, ne sempre utile

Ibridare ha il vantaggio di realizzare soluzioni ad hoc per l’azienda, ma al contempo tale opportunità presenta, inevitabilmente, delle minacce. La minaccia nasce dall’incertezza di non seguire metodologie consolidate che potrebbero non accontentare le esigenze del committente.

Per intraprendere strade nuove e battute è necessario avere delle solide competenze ed una visione chiara e condivisa con tutti gli stakeholder coinvolti, in quanto il team sarà soggetto a maggiori tensioni date dall’incertezza metodologica applicata.

Metodologie ibride funzionano bene quando dobbiamo lavorare in sistemi complessi, nei quali abbiamo a disposizione un numero finito di risorse non dedicate a tempo pieno che dovranno mettere in atto il progetto e per le quali la componente tempo è essenziale.

Nei sistemi semplici invece funzionano (solitamente) meglio processi lineari basati su best practice consolidate, in particolare gli approcci tradizionali di Project Management definiti “predittivi“, che mirano a determinare anticipatamente gran parte dei requisiti e tengono sotto i controllo i cambiamenti attraverso modifiche integrate.

Gli approcci agili sono invece creati per esplorare la fattibilità in cicli brevi, per poi adattarsi rapidamente sulla base di analisi e valutazioni e spostarsi sul ciclo successivo in modo incrementale.

Un esempio pratico

Un esempio di ibridazione che trovo efficace è quella di definire la WBS di primo livello del progetto per poi gestire i WP (Work Package – ovvero le parti più piccole di scomposizione nella WBS) della stessa in modalità agile attraverso un Kanban per tutte le attività che devono essere portate a termine per ottenere i deliverables specificati nella WBS.

La gestione dei Kanban indicati nella parte “In Esecuzione” avverrà per sprint (slot temporali definiti di svolgimento delle attività del progetto) in grado di fornire il “minimum viable deliverable” da poter essere valutato e gestito per poterlo poi implementare/modificare, ove e se necessario, finché non sarà accettato e si potrà procedere con l’avanzamento del progetto in modo efficace ed efficiente.

Di seguito si riporta lo schema logico dell’esempio presentato:

 

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