Questo post è dedicato all’analisi degli effetti sulla cultura aziendale di una serie di errori che avvengono nelle organizzazioni, perpetrati spesso dal top management, che potremmo definire “la cultura degli errori“.
Quando accade qualcosa di importante all’interno di un’organizzazione, sia positivo che negativo (soprattutto negativo), ricordiamoci sempre che tutti osservano cosa accade, per comprendere come realmente l’organizzazione si comporta in termini di:
- Partecipazione a idee e decisioni coerentemente con il modello organizzativo
- Qualità delle relazioni personali e coesione del team
- Dinamismo e responsabilità dei preposti
- Allineamento di obiettivi personali e aziendali
Ovvero qual è la reale cultura organizzativa, perché, come giustamente affermato da Biz Stone \\ co-fondatore di Twitter:
“Una cultura finisce per formarsi in ogni caso, che ti piaccia o no, e se ci presti attenzione può darsi che ti riesca a dar vita a qualcosa che renderà più forte l’azienda”
Quindi come fare per ottenere una cultura organizzativa di successo?
Non esiste la ricetta magica, ma di seguito riporto i 5 peggiori errori, a mio avviso, da evitare:
- Nominare un “Responsabile” che in realtà non ha potere decisionale ne deleghe ad agire, ma funge da “Referente” di processo. La nomina così fatta serve solo a riempire una casella nell’organigramma, ma tutti comprendono chiaramente chi decide e si adeguano di conseguenza. Così viene sbugiardato il modello organizzativo dichiarato; tanto vale essere onesti e chiamarlo, appunto, “Referente”.
- Non volere mai apertamente imparare dall’accaduto e cercare di “dimenticare”. Quante volte si sente dire “diciamo che le colpe ed i meriti sono un po’ di tutti”. Questo fa crollare dinamismo e responsabilità… perché impegnarsi se alla fine è patta e pari per tutti? è necessario invece analizzare quanto accaduto e comprendere cosa tenere come buona pratica (merito) e cosa evitare la prossima volta. Nel project management tale metodologia si chiama lesson learned.
- Non considerare le esigenze dei propri collaboratori e colleghi nel cambiamento. Così non ci si apre all’onesta collaborazione tra-reparti e intra-reparti, oltre che con consulenti esterni, per ottenere gli obiettivi strategici nei tempi e nel budget fissati. Gli obiettivi aziendali devono essere correttamente allineati a quelli personali, affinché ci sia il desiderio da parte di tutti ad ottenerli. Questo deve essere il commitment della leadership aziendale.
- Trascurare gli argomenti nelle riunioni ufficiali, per poi declassarne l’importanza in sedi ufficiose (es: macchina del caffè, sui corridoi…). Questo atto è tanto più deleterio quanto fatto dalle posizioni apicali dell’organizzazione. La coesione del gruppo va mantenuta anche con approcci empatici alle relazioni e il primo punto per ottenerli è l’onestà, che per quanto sia diplomatica e attenta alle sensibilità degli interlocutori, deve essere effettiva del pensiero di chi la esprime.
- Non aprirsi alla crescita di competenze e leadership. Ovvero essere auto-referenziali nello sviluppo aziendale, troppo occupati a “fare come si è sempre fatto” in quanto ci si sente “sicuri in quello che si fa” e preoccupati di non “fare entrare antagonisti al proprio ruolo“. Questo non stimola i propri collaboratori a portare nuove idee o a crescere, si ricercano di fatto “buoni manovali con poca ambizione” e non risorse di un’organizzazione empowered che punta al miglioramento continuo.
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